Santa Martina – Un po’ di Pane Spirituale per Camminare in Cristo – sabato 30 gennaio 21

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sabato 30 gennaio 2021 III SETTIMANA DEL T. O. – Santa Martina – PRIMA LETTURA Eb 11,1-2.8-19; – Salmo Cant. Lc 1,68-75; – VANGELO Mc 4,35-41

Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!».

La proclamazione del regno di Dio non si riduce all’annunzio della buona notizia, ma include anche i benefici di questa proclamazione. In una parola, non è propriamente il miracolo che, mediante un meccanismo razionalista, produce la fede, ma è la fede che, mediante un meccanismo divino gratuito, produce il miracolo.

… la fede è atteggiamento esistenziale: ci dà la convinzione di essere amati, ci libera dalla solitudine e dall’angoscia del nulla, ci dispone ad accettare noi stessi e ad amare gli altri, ci dà il coraggio di sfidare l’ignoto. Ecco come si presenta in alcune figure emblematiche.

Abramo, il padre dei credenti, «ebbe fede sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18); si fidò di Dio e delle sue promesse; lasciò la propria patria e la propria parentela; affrontò, lui vecchio e senza figli, un lungo viaggio «senza sapere dove andava» (Eb 11,8), per poter ricevere dal Signore una nuova terra e una numerosa discendenza. La sua figura esprime e sintetizza la fede del popolo di Dio: «Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gen 15,6). La Vergine Maria, colei che è beata perché ha creduto nel modo più puro e totale, all’annuncio dell’angelo uscì dal suo piccolo mondo di promessa sposa, aprendosi al progetto di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc 1,38). Divenuta madre del Messia, avanzò nell’oscurità della fede fino al dramma angoscioso del Calvario. I due discepoli di Giovanni Battista, che videro passare Gesù, gli andarono dietro, fecero amicizia con lui, corsero ad annunciarlo ad altri, iniziarono una nuova esistenza.

Due sono i livelli di lettura dell’evento evangelico di oggi: quello cristologico e quello ecclesiale. Entrambi sono intimamente collegati.

In primo luogo, il miracolo della tempesta placata è un segno della divinità di Gesù che, come il Dio biblico, appare mentre domina gli elementi ostili della natura, in questo caso il mare infuriato. Dall’origine del mondo, il potere creatore di Dio si manifesta nel dominio sulle acque e nella signoria sul cosmo e sui mostri marini, come il mitico Leviatano ricordato nei Salmi e nel libro di Giobbe.

Leviatano: dalla figura biblica al libro di Hobbes

Di questo potere partecipa Cristo, che oggi si rivela come Dio. È il primo livello. E da qui dobbiamo passare alla lettura ecclesiale dell’episodio. Da sempre la tradizione patristica ha visto l’immagine della Chiesa nel gruppo di discepoli che remano disperatamente dentro la barca sbattuta dalla tempesta. Se non cola a picco nella burrasca è perché è Cristo che l’accompagna, anche se a volte non afferriamo i segni della sua presenza attraverso lo Spirito, e crediamo che Dio «faccia la siesta», lasciandoci soli davanti al pericolo. Ma non è così. Il Passeggero che salito sulla nostra nave non l’abbandonerà mai è di posto a condividere la nostra sorte fino alla fine. È Gesù, il capitano, che prende con forza il timone nelle sue mani e, nonostante tutti gli scogli, condurrà in porto la barca della Chiesa.

fonte – sintesi da: http://radici3.blogspot.com/2021/01/

30 Gennaio : Santa Martina - preghiera e vita - La gioia della preghiera

La storia di questa giovane santa comincia a ritroso, dalla sua tomba, 1.400 anni dopo il suo martirio, quando nel 1634 l’attivissimo Urbano VIII, impegnato sul fronte spirituale nella controriforma cattolica e su quello materiale nella restaurazione di celebri chiese romane, avendo riscoperto le reliquie della martire, ripropose ai romani la devozione di S. Martina, fissandone la celebrazione al 30 gennaio. Ne compose egli stesso l’elogio, con l’inno: “Martinae celebri plaudite nomini, Cives Romulei, plaudite gloriae”, che invita ad ammirare la santa nella vita immacolata, nella carità esemplare e nella coraggiosa testimonianza resa a Cristo col martirio.
Chi era in realtà S. Martina, che riemergeva improvvisamente e prepotentemente nella devozione popolare, tanto da essere considerata come una delle patrone di Roma, dopo tanti secoli di oblio? Le notizie storiche sono poche. La più antica risale al VI secolo, quando papa Onorio le dedicò una chiesa nel Foro. Cinquecento anni dopo, compiendosi degli scavi in questa chiesa, si trovarono in effetti le tombe di tre martiri. La festa della santa era già celebrata nel secolo VIII. Null’altro si conosce, per cui è necessario attingere altre notizie da una Passio leggendaria. Secondo questo racconto, S. Martina era una diaconessa, figlia di un nobile romano. Arrestata per la sua aperta professione di fede, venne condotta al tribunale dell’imperatore Alessandro Severo (222-235). Questo principe semiorientale, aperto a tutte le curiosità, al punto di includere Cristo tra gli dei venerati nella famiglia imperiale, fu estremamente tollerante verso i cristiani e il suo governo è contrassegnato da una fruttuosa parentesi di distensione nei confronti della Chiesa, che in quel periodo ebbe una grande espansione missionaria.
Tutto è ignorato dall’autore della Passio, il quale si diffonde nell’elenco delle atroci torture inflitte dall’imperatore alla santa. Martina, trascinata davanti alla statua di Apollo, la fece andare in frantumi, provocando subito dopo un terremoto che distrusse il tempio e uccise i sacerdoti del dio.
Il prodigio si ripetè con la statua e con il tempio di Artemide. Tutto ciò avrebbe dovuto indurre i suoi persecutori a riflettere; al contrario, più ostinati che mai, infierirono sulle delicate membra della fanciulla sottoponendola a crudelissimi tormenti, dai quali ella uscì sempre illesa. Fu la spada a porre fine a tante sofferenze, troncando il capo della martire, il cui sangue andò a irrorare il fertile terreno della Chiesa romana.
Il culto di santa Martina è inoltre attestato a Martina Franca (Taranto), dove è giunto in via particolare. Nel 1730 il cardinale Tommaso Innico Caracciolo, della famiglia dei duchi di Martina, pochi mesi prima di morire, volle donare alla città natale, e in particolare alla Collegiata di San Martino, in segno di affetto alcuni frammenti ossei della Santa, in un prezioso reliquiario d’argento, provenienti dalla chiesa dei Santi Luca e Martina di cui aveva il titolo cardinalizio, accompagnando il dono con una affettuosa lettera in cui annunciava che voleva donare alla città le reliquie della Santa che ne portava lo stesso nome. Santa Martina fu dichiarata patrona secondaria di Martina Franca.


fonte: santibeati.it – Autore: Piero Bargellini

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