lunedì 4 – II settimana del tempo di Natale – Santa Angela da Foligno, Terziaria Francescana – 1 lettura Gv 3,7-10 – Sal 97 (98) – Vangelo Gv 1,35-42
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: L’umanità peccatrice, impossibilitata da se stessa, cioè con i suoi sacrifici, a liberarsi, riceve in dono da Dio stesso Gesù come vittima sacrificale capace di ottenere il perdono dei peccati. Si spiega così la singolarità della formula giovannea: «agnello di Dio». Diventa allora possibile che l’evangelista si riferisca non solo all’agnello pasquale, ma anche al servo sofferente di Dio, paragonato a un agnello condotto al macello (Is 53,7) e portatore del peccato della moltitudine umana (Is 53,12).
Sostieni, o Signore, con la tua provvidenza questo popolo nel presente e nel futuro, perché, con le semplici gioie che disponi sul suo cammino aspiri con serena fiducia alla gioia che non ha fine.
Già in vita conosciuta come Magistra Theologorum (Maestra dei Teologi), Angela da Foligno (1248-1309).
Mistica contemporanea di Dante e di Jacopone da Todi, Angela nacque a Foligno in una ricca famiglia e visse fra i benesseri e i piaceri del mondo. Si sa con certezza che si sposò, ebbe dei figli e la madre soddisfaceva tutti i suoi capricci. Ma cominciò, come lei stessa racconterà al Direttore Spirituale, il Conventuale Minore A. (la tradizione decifra la A. con fra Arnaldo) a «conoscere il peccato», come è riportato nel Memoriale steso dallo stesso francescano. Andò a confessarsi, ma «la vergogna le impedì di fare una confessione completa e per questo rimase nel tormento». Pregò San Francesco che le apparve in sogno, rassicurandola che avrebbe conosciuto la misericordia di Dio. E la pace arrivò nel 1285, attraverso una confessione totale: aveva 37 anni. Iniziò così una vita di austera penitenza: povertà dalle cose, povertà dagli affetti, povertà da se stessa. A motivo della drastica conversione dovette affrontare ostilità ed ingiurie da parte della famiglia. Ma lei perseverò anche quando morirono madre, marito, figli. Angela si presenta come una delle più brillanti incarnazioni dell’ideale francescano della fine del Duecento. In un primo tempo, in preda a strani fenomeni, fu giudicata sospetta dai frati minori; ma intorno al 1290 la accettarono fra i penitenti del Terzordine. Il teologo Ubertino da Casale (citato nella Divina Commedia) fu conquistato dal suo ideale spirituale e con lui fu strettamente coinvolta nelle controversie che laceravano l’Ordine francescano, diventando una dei responsabili del movimento rigorista. Nel 1291, come la mistica narrò al suo confessore, lungo il cammino che la conduceva ad Assisi, fu alla presenza della Trinità: «Ho visto una cosa piena, una maestà immensa, che non so dire, ma mi sembrava che era ogni bene. (…) dopo la sua partenza, cominciai a strillare ad alta voce (…) Amore non conosciuto perché? (…) perché mi lasci?». La mistica di Foligno insegna che non c’è vera vita spirituale senza l’umiltà e senza la preghiera. Questa può essere corporale (vocale), mentale (quando si pensa a Dio) e soprannaturale (contemplazione): «In queste tre scuole uno conosce sé e Dio; e per il fatto che conosce, ama; e perché ama, desidera avere ciò che ama. E questo è il segno del vero amore: che chi ama non trasforma parte di sé, ma tutto sé nell’Amato».Nel corso dei secoli, fra i tanti che aderirono alla sua spiritualità, ricordiamo Santa Teresa d’Avila e la Beata Elisabetta della Trinità. Angela comprese che la profonda comunione con Dio non è una utopia, ma una possibilità, impedita solo dal peccato: di qui la necessità della mortificazione e del sacrificio; per raggiungere l’unione profonda con il Signore sono indispensabili l’Eucaristia e la meditazione della Passione e Morte di Cristo, ai piedi della Croce, insieme a Maria Santissima.
fonte: fonte. http://radici3.blogspot.com/2021/01/ – Autore: Cristina Siccardi
Ci sono due tipi di mistica. La prima è quella a cui ci si riferisce spesso nelle riviste (esplicitamente non religiose) e qui fa capolino la New Age (seguita dalla Next Age) di cui apparentemente oggi si parla di meno ma solo perché molti suoi concetti sono già stati assimilati e sono parte della cultura dominante.
Ebbene in queste forme di neomisticismo l’io è considerato l’autorità finale, sia rispetto alla pratica religiosa sia rispetto ad un credo già strutturato, come nel Cristianesimo. Siamo di fronte alla religione «fai-da-te», ad una religiosità senza Dio, creata su misura del proprio «io» e dei propri bisogni. Tanto che si potrebbe cambiare il primo dei Comandamenti in «Non avrai altro dio che il tuo io». È una mistica insomma senza un riferimento al Totalmente Altro, che è Dio (come nel Cristianesimo), senza un Tu Trascendentale con cui confrontarsi, seguendo il quale riprogrammarsi e a cui finalmente affidarsi.
Ben diverso il secondo concetto di mistica, quello cristiano. Così scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica (2014):
«Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama “mistica”, perché partecipa al mistero di Cristo mediante i sacramenti – “i santi misteri” – e, in lui, al mistero della SS. Trinità. Dio ci chiama tutti a questa unione intima con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere manifesto il dono gratuito fatto a tutti».
Come dire tutti chiamati alla vita mistica, ma pochi (purtroppo?) gli eletti. Tutti i credenti infatti possono avere il sentimento e la convinzione della presenza immediata e trasformante di Dio nel loro cuore (specialmente dopo certe esperienze spirituali forti), poi magari tutto si indebolisce o svanisce divorato dalla fretta e dalle preoccupazioni quotidiane. Invece l’unione spirituale o mistica di quelli che chiamiamo… i mistici (santi e sante) non è passeggera, non è contingente o parziale ma abituale, è inoltre costante o per lo meno ritrovata con facilità lungo la giornata.
I mistici pur immersi nella normale quotidianità sembrano sempre animati e guidati da una luce intima trascendente, che ridona le giuste proporzioni a tutto il resto che è e rimane per loro terreno, parziale, contingente e transeunte. E di questo processo Dio ha l’iniziativa. È Lui che dilata l’anima e la guida, è sempre Lui che la orienta, la rinforza e la sostiene. Lui solo ne è l’alimento costante e la gioia totale e totalizzante.
fonte: http://www.santiebeati.it