Venerdì, Feria di Avvento – San Malachia – PRIMA LETTURA Ger 23,5-8 – Dal Salmo 71 (72) – VANGELO Mt 1,18-24
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa… ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù». L’ottava di preparazione al Natale si è aperta, ieri, con la lettura della genealogia di Gesù, una storia lunga secoli, intessuta di quotidiano, dove Dio pian piano andava operando la salvezza degli uomini, con fedeltà e zelo. Ma i piani di Dio necessitano della cooperazione dell’uomo: il sì di Abramo e dei suoi discendenti; il sì dei profeti e dei martiri; il sì di Maria e di Giuseppe. Ed ecco che sapientemente la Liturgia della Parola, dalla grande storia dei secoli ci conduce alla piccola storia di un paese sperduto della Galilea, nella casa di un semplice operaio, in una storia mai udita in cui Dio opera meraviglie grazie alla disponibilità, alla docilità e all’obbedienza dei suoi figli. Giuseppe non riesce a capire, pensa di risolvere le cose in maniera umana (come spesso facciamo noi) ma rimane in ascolto di Dio ed egli non lascia deluse le sue aspettative dandogli indicazioni chiare che Giuseppe senza ripensamenti accoglie con fiducia piena. Una lezione per tutti noi: non dobbiamo anzitutto agire come vogliamo noi e poi chiedere aiuto a Dio (a danno fatto!) ma rimetterci nelle sue mani e lasciarci guidare da lui.
Pane di oggi:O Signore, vieni a liberarci con braccio potente! Liberaci dall’ambizione di riuscire a fare tutto da soli. Liberaci dalla testardaggine di voler che le cose si sviluppino secondo le nostre aspettative, che Dio e gli uomini ragionino come vogliamo noi. Liberaci dalla presunzione di sapere tutto, di non aver bisogno di niente e di nessuno, di aver capito ogni cosa. Liberaci dall’orgoglio di pensare che le cose andranno bene solo se andranno come noi abbiamo deciso. Liberaci da ogni superbia.
Azione: Per ogni cosa devo invocare la sapienza e fuggire l’orgoglio.
fonte: http://www.madredellaparola.it/?page_id=1
San Malachia è l’ultimo dei profeti minori della Bibbia, che gli ebrei chiamano per questo “Sigillo dei profeti”. Poco o nulla si sa della sua vita, era della tribù di Zabulon e nacque a Sofa; visse certamente dopo l’esilio babilonese (538 a.C.), durante la dominazione persiana, tuttavia non si può determinare con certezza se le sue profezie siano anteriori, contemporanee o posteriori al ritorno di Esdra in Palestina (sommo sacerdote ebreo, codificatore del giudaismo, V-IV secolo a.C.).
Giacché nei libri dell’Antico Testamento di Esdra e di Neemia non si parla di Malachia, si potrebbe dedurre che egli sia vissuto dopo di loro, variando le ipotesi dal 519 al 425 a.C.
Il libro di Malachia tratta dei problemi morali relativi alla comunità ebraica, reduce dalla prigionia babilonese e a cui rimprovera le lamentele contro la Provvidenza di Dio, stimolandola a pentirsi.
Egli mette in evidenza “l’elezione” d’Israele, che non è solo un privilegio onorifico di Dio, ma comporta degli obblighi, come ogni dono divino; rimprovera i sacerdoti che trascurano e offendono la dignità di Iahweh e del culto a Lui dovuto.
Nella requisitoria contro il malcostume egli è intransigente e condanna i matrimoni misti, difende la indissolubilità del matrimonio; il libro termina con una visione escatologica (cioè quello che seguirà alla vita terrena e alla fine del mondo), annunciante la venuta del messaggero di Dio, che farà una cernita dei buoni nel suo popolo; in questa profezia si può prefigurare la venuta di Giovanni Battista.
I Padri sono concordi nel vedere in Malachia il preannunzio profetico del sacrificio della Messa, con Gerusalemme che perde il titolo di “luogo dove bisogna adorare”, e Gesù che istituisce il rito eucaristico per tutta l’umanità.
Nel libro di Malachia, è notevolmente diffuso il senso dell’immutabile giustizia di Dio e dell’universalità della vera religione.
fonte: http://www.santiebeati.it