lunedì 8 Febbraio 2021 – IV Settimana T. O. – San Girolamo Emiliani, Fondatore e Santa Giuseppina Bakita – PRIMA LETTURA Gen 1,1-19 – Sal 103; – VANGELO Mc 6,53-56
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: <Come Dio ci ha amato con amore disinteressato, così anche i fedeli con la loro carità debbono preoccuparsi dell’uomo, amandolo con lo stesso moto con cui Dio ha cercato l’uomo.>
Gesù è continuamente tallonato da una folla desiderosa di ascoltare la sua parola, ma sono sopra tutto i malati che lo cercano per essere guariti: lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. Nel gesto dei malati che toccavano il mantello di Gesù c’è qualcosa di più della necessità di liberarsi di una limitazione fisica. Per i contemporanei di Cristo la malattia aveva un significato religioso, perché era vista come effetto del peccato personale del malato o dei suoi genitori, la cui malvagità era pagata dai figli. È superfluo dire che solo Dio poteva restituire la salute, perdonando il peccato. Per questo Gesù, risanava i malati, a volte diceva loro: «Ti sono rimessi i tuoi peccati».
… percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia ed infermità come segno dell’avvento del regno di Dio, così anche la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce a tutti gli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri ed ai sofferenti, prodigandosi volentieri per loro. Essa infatti condivide le loro gioie ed i loro dolori, conosce le aspirazioni e i problemi della vita, soffre con essi nell’angoscia della morte. A quanti cercano la pace, essa desidera rispondere con il dialogo fraterno, portando loro la pace e la luce che vengono dal Vangelo.
I fedeli debbono impegnarsi, collaborando con tutti gli altri, alla giusta composizione delle questioni economiche e sociali. Si applichino con particolare cura all’educazione dei fanciulli e dei giovani nei vari ordini di scuole, che vanno considerate non semplicemente come un mezzo privilegiato per la formazione e lo sviluppo della gioventù cristiana, ma insieme come un servizio di primaria importanza per gli uomini e specialmente per le nazioni in via di sviluppo, in ordine all’elevazione della dignità umana ed alla preparazione di condizioni più umane. Portino ancora i cristiani il loro contributo ai tentativi di quei popoli che, lottando contro la fame, l’ignoranza e le malattie, si sforzano per creare migliori condizioni di vita e per stabilire la pace nel mondo. In questa attività ambiscano i fedeli di collaborare intelligentemente alle iniziative promosse dagli istituti privati e pubblici, dai governi, dagli organismi internazionali, dalle varie comunità cristiane e dalle religioni non cristiane.
Anche per l’uomo attuale, nonostante i progressi spettacolari della medicina, la salute e la malattia superano il puro livello fisico e medico per entrare nella sfera del trascendente, quasi del religioso, come parte del mistero tremendo e affascinante di Dio e del sacro, e oltrepassa la vita stessa. Di qui l’aura di rispetto e di prestigio che aleggia tra la gente semplice attorno al medico, perché la sua professione tocca l’uomo e la donna in quello che hanno di più sacro e personale: la salute e la vita.
Quando una malattia che flagella l’umanità viene vinta, già ne sono sorte altre nuove e sconosciute. La salute e la vita continuano e continueranno a essere dono di Dio e a far parte della sua provvidenza. Sublime vocazione quella del personale sanitario: collaborare con Dio al servizio della vita dell’uomo.
fonte – sintesi da: http://radici3.blogspot.com/2021/01/
Santa Giuseppina Bakita – La schiava al servizio della speranza vera: Esistono vite la cui storia è un inno alla speranza che consola. Tra di esse c’è quella di santa Giuseppina Bakhita, suora canossiana morta a Schio (Vicenza) nel 1947. I primi anni della sua esistenza – era nata nel 1868 in Darfur – furono segnati dalla schiavitù: tra il 1877 e il 1882 passò da un padrone all’altro, tra atroci sofferenze. Venne poi comprata dal console italiano di Karthoum, Callisto Legnani, che, una volta tornato in Italia la affidò a una famiglia di amici di Mirano (Venezia) e diventò la bambinaia della figlia Alice. Per un periodo venne quindi inviata assieme alla bimba nel collegio retto dalle Canossiane a Venezia. Qui conobbe Cristo e trovò la vocazione: nel 1890 ricevette il Battesimo e nel 1896 emise i voti. Da religiosa a Schio, poi, fu per 50 anni un esempio di santità (Matteo Liut).
San Girolamo Emiliani, Fondatore
Il calendario liturgico della Chiesa l’otto febbraio ci fa festeggiare San Girolamo Emiliani che nacque a Venezia 1486, nobile di estrazione perse nella guerra tra Venezia e la lega di Cambrai, il proprio castello di Castelnuovo di Quero sul Piave. In seguito alla sconfitta i francesi s’impossessarono di tutti i suoi beni e fu sottoposto al carcere duro dal Maresciallo di La Palisse. In prigione Girolamo fece voto alla Madonna di cambiare vita qualora gli fosse concessa la Grazia di ottenere la libertà. Girolamo riuscì a scappare dal carcere e finita la guerra tornò a Venezia per sciogliere il suo voto. Così Gerolamo, figlio di un Senatore della Serenissima e di una discendente dei Dogi, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Treviso, promise alla Madonna di spendere il resto della sua vita ad aiutare il suo prossimo a vivere meglio. Dopo l’insorgere di una tremenda carestia, cui fece seguito una grave epidemia di peste, si dedicò completamente al servizio dei poveri e alla cura degli ammalati. A contatto con gli appestati, ne contrasse il morbo. Guarito miracolosamente e diede inizio a quella che sarebbe stata la sua missione di vita: la cura di tutti i bisognosi, dagli orfani agli anziani abbandonati alle prostitute. Girolamo curò particolarmente i ragazzi poveri ed abbandonati che vagavano per le calli in cerca di cibo. Per aiutarli fondò il “San Basilio”, il primo orfanotrofio retto con concezioni moderne, nel quale il santo si impegnò non solo a sfamare gli orfani ma anche a dar loro una educazione religiosa e ad insegnare loro un mestiere.
Dopo aver ottenuto la miracolosa guarigione dalla peste, su consiglio di san Gaetano da Tiene e del cardinale Carafa – poi diventato Papa Paolo IV- cominciò a girare l’Italia per aprire numerosi orfanotrofi.
Riunendo i suoi più fedeli collaboratori una prima volta a Merone fondò la Compagnia dei “Servi dei poveri di Cristo”, due anni più tardi a Somasca, un paesino presso Bergamo, si incontrarono nuovamente per formulare la struttura giuridica della sua opera, e da allora dal nome della città, in cui egli morì a causa della peste mentre soccorreva gli ammalati l’8 febbraio 1537 vennero fuori gli attuali Chierici Regolari Somaschi. San Girolamo molto devoto agli angeli custodi, affidò la Compagnia sotto la protezione della Vergine, dello Spirito Santo e dell’Arcangelo Raffaele, componendo anche una orazione all’Arcangelo che egli chiamava “la nostra orazione”: “Dolce Padre nostro, Signore Gesù Cristo noi ti preghiamo per la tua infinita bontà di riformare il popolo cristiano a quello stato di santità che fu al tempo dei tuoi apostoli. Ascoltaci o Signore perché benigna è la tua misericordia e nella tua immensa tenerezza volgiti verso di noi. Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, abbi pietà di noi (ripetere per tre volte). Nella via della carità, della pace e della prosperità, mi guidi e mi difenda la potenza del Padre, la sapienza del Figlio e la forza dello Spirito Santo, la gloriosa Vergine Maria, l’angelo Raffaele che era sempre con Tobia sia anche con me in ogni luogo e via”.
Nel suo sistema pedagogico Girolamo Emiliani non separa mai la formazione cristiana da quella umana: la pratica del vangelo deve aprire contemporaneamente le porte del cielo e quelle del mondo. Emiliani appartiene a quel gruppo numeroso di santi pieni di carità, suscitati nella Chiesa di Dio come reazione allo scisma protestante, che capirono lo spirito della vera riforma dopo il Concilio di Trento. È protettore delle città di Treviso e Venezia, e patrono degli orfani e della gioventù abbandonata.
fonte – sintesi da: http://radici3.blogspot.com/2021/01/ – Autore: Don Marcello Stanzione