Giovedì, I di Avvento – San Francesco Saverio – PRIMA LETTURA Is 26,1-6 – Dal Salmo 117 (118) – VANGELO Mt 7,21.24-27
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia». Abbiamo iniziato il Tempo di Avvento, un cammino liturgico che ci dispone ad accogliere il Cristo vivo e vero tra noi. Cosa significa accogliere? Oggi è una parola di moda, per alcuni è perfino una bandiera da sventolare spesso sulla coscienza degli altri (molti la nominano, pochi la praticano). Certamente accogliere significa anzitutto fare spazio, permettere all’altro (che sia Dio o il prossimo) di entrare nella mia vita, nel mio quotidiano, nei miei spazi. Ma c’è molto di più: la Scrittura ci ricorda che accogliere significa mettersi a servizio, come fece Abramo quando accolse i Tre misteriosi personaggi alle querce di Mamre (cfr Gen 18,1ss). Purtroppo l’accoglienza tanto pre-dicata spesso si riduce ad ammassare persone, togliendo loro dignità e speranza, lucrando sopra le loro disgrazie e rendendoli doppiamente schiavi: del proprio passato e del proprio presente. Accogliere è sinonimo di gratuità, di prossimità, di servizio, di carità autentica. In assenza di questi elementi è solo sfruttamento, demagogia, asservimento, speculazione! Il Vangelo oggi ci ricorda che il primo elemento che apre la via all’accoglienza è il mettersi in ascolto. Se non so cosa vuole l’altro, quali indicazioni mi offre, quali intenzioni desidera, seguirò le cose che voglio io e non ciò che vuole l’altro. Ce lo ricordano le nostre nonne: quando ci accolgono non preparano le cose che piacciono a loro, ma ciò che piace a noi! Se vogliamo accogliere Cristo, partiamo dall’ascolto della sua Parola.
Pane di oggi: Vieni, Signore Gesù, con la tua Parola ed edifica la mia coscienza. Maria, che io accolga come te la Parola nel mio cuore. Non trascorrerò giorno senza ascoltare e meditare la Parola.
fonte: http://www.madredellaparola.it/?page_id=1
Questo Santo, tanto insigne, si distinse in tre virtù in modo particolare. Nel suo grande zelo : un unico desiderio aveva: saziare il Cuore di Gesù famelico di anime. Per questo ideale, non badò a sacrifici, a lacrime, ad umiliazioni, a dolori, a sangue. Si distinse ancora per l’ubbidienza eroica ch’egli abbracciò nonostante gli ordinasse di abbandonare i suoi cari, la famiglia e la terra natia, per andare solo, lontano, verso luoghi sconosciuti.
Fu eroico inoltre il suo spirito di sacrificio che lo portò ad un amor di Dio tanto grande da fargli spostare due costole dalla parte del cuore.
Il 7 aprile 2006, il Cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, in occasione di una Messa che celebrava il quinto centenario della nascita di san Francesco Saverio, ha spiegato così questa passione del santo: «Francesco Saverio si curava dell’anima: della sua anima e di quella di tutte le persone, l’anima di ogni essere umano. Si curava dell’«anima», perché gli stava a cuore la vita: la vita nella sua pienezza, la vita nella sua felicità, la vita eterna« Si curava della salvezza dell’uomo e per questo la sua vita consistette nel consumarsi affinché ogni creatura che egli incontrava potesse conoscere e far sua la verità secondo la quale Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (Gv 3,16). Precisamente in virtù dell’amore che nutriva per l’uomo, egli desiderava che il maggior numero possibile di popoli e di persone giungessero alla fede cristiana; è così che si spiega la sua ricerca instancabile delle anime fin nei luoghi più remoti dove non era ancora giunta la Buona Novella di Gesù».
Lo zelo di san Francesco Saverio, che si è prodigato senza riserve per annunciare il Vangelo a migliaia di anime, costituisce una lezione e un esempio per la nostra generazione; esso ci ricorda l’urgenza e la necessità della missione, in conformità con l’insegnamento di Giovanni Paolo II: «La tentazione oggi è di ridurre il cristianesimo a una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere. In un mondo fortemente secolarizzato è avvenuta una «graduale secolarizzazione della salvezza», per cui ci si batte, sì, per l’uomo, ma per un uomo dimezzato, ridotto alla sola dimensione orizzontale. Noi invece, sappiamo che Gesù è venuto a portare la salvezza integrale, che investe tutto l’uomo e tutti gli uomini, aprendoli ai mirabili orizzonti della filiazione divina. Perché la missione? Perché a noi, come a san Paolo, è stata concessa la grazia di annunziare ai pagani le imperscrutabili ricchezze di Cristo. (Ef 3,8) La novità di vita in lui è la «buona novella» per l’uomo di tutti i tempi: a essa tutti gli uomini sono chiamati e destinati« La Chiesa e, in essa, ogni cristiano non può nascondere né conservare per sé questa novità e ricchezza, ricevuta dalla bontà divina per esser comunicata a tutti gli uomini» (Enciclica Redemptoris Missio, 7 dicembre 1990, n. 11).
Un gigante dell’evangelizzazione. Un faro per i nostri tempi di secolarizzazione, apostasia e di evidente tradimento da parte di tanti cristiani che hanno paura di testimoniare Cristo, Via, Verità e Vita. San Francesco Saverio insegna che ogni sacrificio deve essere fatto per testimoniare la verità di Cristo, e che, senza questa Verità, la vita di ogni uomo rimane impietosamente povera.
Morì su uno scoglio arido e desolato di fronte alla Cina, avendo per unica compagnia e conforto un servo indigeno. Moltiplicandosi i miracoli ricevuti per sua intercessione, fu elevato agli onori degli altari e proclamato celeste protettore di tutte le missioni cattoliche.