Il pensiero sociale di Francesco è ben noto. L’Evangelii gaudium e la Laudato si’ hanno ampiamente chiarito cosa il Papa pensi quando si parli del rapporto uomo-economia. E i due documenti – il primo dei quali citato nel suo indirizzo di saluto dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi – sono le sponde fra le quali Francesco procede per rivolgersi alle migliaia di grandi e piccoli imprenditori che riempiono l’Aula Paolo VI, scena mai vista in Vaticano. Il Giubileo di questa categoria vuole riflettere stimolato dall’espressione “Fare insieme”. il Papa suggerisce una lettura: “Fare insieme’ vuol dire, infatti, impostare il lavoro non sul genio solitario di un individuo, ma sulla collaborazione di molti. Significa, in altri termini, ‘fare rete’ per valorizzare i doni di tutti, senza però trascurare l’unicità irripetibile di ciascuno. Al centro di ogni impresa vi sia dunque l’uomo: non quello astratto, ideale, teorico, ma quello concreto, con i suoi sogni, le sue necessità, le sue speranze e le sue fatiche”.
Dirigete ma ascoltate
E queste speranze e queste fatiche hanno una faccia, afferma Francesco. Quella delle famiglie, “focolai di umanità” in cui, dice, “trovano senso e valore” l’esperienza del lavoro, “il sacrificio che lo alimenta”, i frutti che ne derivano. La faccia degli anziani, “troppo spesso scartati come inutili e improduttivi” mentre potrebbero ancora “esprimere risorse ed energie per una collaborazione attiva”. La faccia dei giovani e di tutti quei “potenziali” lavoratori “prigionieri della precarietà o di lunghi periodi di disoccupazione”. Fare impresa, sostiene il Papa, vuol dire impegnarsi per queste categorie:
“Significa dare a ciascuno il suo, strappando madri e padri di famiglia dall’angoscia di non poter dare un futuro e nemmeno un presente ai propri figli; significa saper dirigere, ma anche saper ascoltare, condividendo con umiltà e fiducia progetti e idee; significa fare in modo che il lavoro crei altro lavoro, la responsabilità crei altra responsabilità, la speranza crei altra speranza, soprattutto per le giovani generazioni, che oggi ne hanno più che mai bisogno”.
“Suprema attenzione” alla dignità umana
Dunque, è l’appello del Papa agli industriali, siate coraggiosi voi – che avete “una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti” – e non lasciate che “trovarsi e fare insieme” resti “solo uno slogan”, ma piuttosto “un programma per il presente e il futuro”. Siate, indica loro, “costruttori del bene comune e artefici di un nuovo umanesimo del lavoro”:
“La vostra via maestra sia sempre la giustizia, che rifiuta le scorciatoie delle raccomandazioni e dei favoritismi, e le deviazioni pericolose della disonestà e dei facili compromessi. La legge suprema sia in tutto l’attenzione alla dignità dell’altro, valore assoluto e indisponibile. Sia questo orizzonte di altruismo a contraddistinguere il vostro impegno: esso vi porterà a rifiutare categoricamente che la dignità della persona venga calpestata in nome di esigenze produttive, che mascherano miopie individualistiche, tristi egoismi e sete di guadagno”.
Economia serva la giustizia
La bussola che orienta l’attività produttiva, conclude Francesco, sia in una parola “il bene comune”, perché “cresca un’economia di tutti e per tutti, che non sia “insensibile allo sguardo dei bisognosi”:
“Essa è davvero possibile, a patto che la semplice proclamazione della libertà economica non prevalga sulla concreta libertà dell’uomo e sui suoi diritti, che il mercato non sia un assoluto, ma onori le esigenze della giustizia e, in ultima analisi, della dignità della persona. Perché non c’è libertà senza giustizia e non c’è giustizia senza il rispetto della dignità di ciascuno”.