Martedì 2 Febbraio 2021 – IV Settimana T. O. – Festa della Presentazione del Signore – RIMA LETTURA Ml 3,1-4 oppure Eb 2,14-18; – Salmo Sal. 23 (24); – VANGELO Lc 2,22-40 –
Festa della Presentazione del Signore, dai Greci chiamata Ipapánte: quaranta giorni dopo il Natale del Signore, Gesù fu condotto da Maria e Giuseppe al Tempio, sia per adempiere la legge mosaica, sia soprattutto per incontrare il suo popolo credente ed esultante, luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele.
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
La gioia di Giuseppe e di Maria viene turbata dalle parole oscure di Simeone, il quale non fa che indicare agli ignari sposi la via della croce: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione» (v. 34). Gesù apre questa via, la percorre fino alla fine e la propone a noi, suoi discepoli. Maria, per prima, la seguirà in piena fedeltà e disponibilità.
Nella Presentazione di Gesù al Tempio viene rivelata la cooperazione della «donna» alla Redenzione: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 8 Gennaio 1997): Le parole del vecchio Simeone, annunziando a Maria la sua partecipazione alla missione salvifica del Messia, pongono in luce il ruolo della donna nel mistero della redenzione. Maria, infatti, non è solo una persona individuale, ma è anche la “figlia di Sion”, la donna nuova posta accanto al Redentore per condividerne la passione e generare nello Spirito i figli di Dio. Tale realtà è espressa dalla rappresentazione popolare delle “sette spade” che trapassano il cuore di Maria: la raffigurazione evidenzia il profondo legame tra la madre, che s’identifica con la figlia di Sion e con la Chiesa, e il destino di dolore del Verbo incarnato. Restituendo il Figlio, appena ricevuto da Dio, per consacrarlo alla sua missione di salvezza, Maria consegna anche se stessa a tale missione. Si tratta di un gesto di interiore condivisione che non è solo frutto del naturale affetto materno, ma esprime soprattutto il consenso della donna nuova all’opera redentrice di Cristo.
Dobbiamo intendere queste parole come se fossero non soltanto di Simeone, ma di tutto il genere umano. Se uno esce dal mondo, se è liberato dal carcere e dalla dimora dei prigionieri per andare a regnare, prenda tra le sue mani Gesù, lo circondi con le sue braccia, lo tenga stretto al suo petto e allora potrà andare esultante di gioia là dove desiderava».
Rimase per noi caratteristico di questa festa il rito della benedizione delle candele, il cero si fa simbolo di un’oblazione sacra, la quale, per un verso, vuole connettersi con quella di Gesù Cristo bambino, presentato a Dio in riconoscimento dell’ossequio voluto da Dio circa ogni primogenito, per un altro verso intende professare l’omaggio di obbedienza e di fedeltà all’Apostolo Pietro, nella persona del suo successore, Vescovo di Roma.
fonte – sintesi da: http://radici3.blogspot.com/2021/01/
La festività odierna, di cui abbiamo la prima testimonianza nel secolo IV a Gerusalemme, venne denominata fino alla recente riforma del calendario festa della Purificazione della SS. Vergine Maria, in ricordo del momento della storia della sacra Famiglia, narrato al capitolo 2 del Vangelo di Luca, in cui Maria, in ottemperanza alla legge, si recò al Tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, per offrire il suo primogenito e compiere il rito legale della sua purificazione. La riforma liturgica del 1960 ha restituito alla celebrazione il titolo di “presentazione del Signore”, che aveva in origine. L’offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce.
Questo atto di obbedienza a un rito legale, al compimento del quale né Gesù né Maria erano tenuti, costituisce pure una lezione di umiltà, a coronamento dell’annuale meditazione sul grande mistero natalizio, in cui il Figlio di Dio e la sua divina Madre ci si presentano nella commovente ma mortificante cornice del presepio, vale a dire nell’estrema povertà dei baraccati, nella precaria esistenza degli sfollati e dei perseguitati, quindi degli esuli.
L’incontro del Signore con Simeone e Anna nel Tempio accentua l’aspetto sacrificale della celebrazione e la comunione personale di Maria col sacrificio di Cristo, poiché quaranta giorni dopo la sua divina maternità la profezia di Simeone le fa intravedere le prospettive della sua sofferenza: “Una spada ti trafiggerà l’anima”: Maria, grazie alla sua intima unione con la persona di Cristo, viene associata al sacrificio del Figlio. Non stupisce quindi che alla festa odierna si sia dato un tempo tale risalto da indurre l’imperatore Giustiniano a decretare il 2 febbraio giorno festivo in tutto l’impero d’Oriente.
Roma adottò la festività verso la metà del VII secolo; papa Sergio I (687-701) istituì la più antica delle processioni penitenziali romane, che partiva dalla chiesa di S. Adriano al Foro e si concludeva a S. Maria Maggiore. Il rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo, si ispira alle parole di Simeone: “I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti”. Da questo significativo rito è derivato il nome popolare di festa della “candelora”. La notizia data già da Beda il Venerabile, secondo la quale la processione sarebbe un contrapposto alla processione dei Lupercalia dei Romani, e una riparazione alle sfrenatezza che avvenivano in tale circostanza, non trova conferma nella storia.
fonte: santibeati.it – Autore: Piero Bargellini