6 Gennaio – Epifania del Signore – PRIMA LETTURA Is 60,1-6 – Dal Salmo 71 (72) – SECONDA LETTURA Ef 3,2-5.5-6 – VANGELO Mt 2,1-12 –
Riflessione quotidiana per camminare in Cristo: Epifania vuol dire manifestazione. La Santa Chiesa istituì questa festa per commemorare la triplice manifestazione di Gesù: come Dio, facendosi adorare dai Magi; come uomo, ricevendo il Battesimo da San Giovanni; come operatore di miracoli, cambiando, alle nozze di Cana, l’acqua in vino. Oggi però la liturgia ricorda in modo tutto particolare la prima manifestazione di Gesù come Dio, con l’adorazione dei Magi… Questi non giunsero a mani vuote a Betlemme, per il Re dell’Universo, che si manifestava al mondo, avevano preparato dei doni, che presentarono con immenso onore: l’oro, che indica la regalità di Gesù; l’incenso, il suo sacerdozio; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, l’espiazione dei peccati attraverso la morte.
I Magi sono la primizia dei popoli che aderiranno con gioia grandissima alla Chiesa edificandola cattolica, universale, Erode è la profezia del tragico destino che attende il Messia: solo i lontani sanno che Israele ha già il Messia e lo cercano per adorarlo, benché ignorino chi è e dove trovarlo. Il doloroso destino di Cristo Gesù, di essere ignorato da compatrioti e cercato dagli estranei, incomincia a realizzarsi dall’inizio stesso della sua apparizione sulla terra. Manifestazione pubblica e pubblico rifiuto vanno uniti.
Con la nascita di Cristo l’intervento del divino nell’umano ha assunto un carattere permanente: egli è veramente «l’Emmanuele» (Is. 7,14). Dio che ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini (Gv. 1,14). Tutto questo però non è avvenuto nel corso di avvenimenti sconvolgenti e terrificanti come quelli che avevano accompagnato le manifestazioni di Iahvé nell’Antico Testamento, bensì sotto le umili e amabili sembianze di un bimbo, talché nella meditazione del mistero della natività l’elemento umano, con la sua tenera e commovente fragilità, sembra quasi avere il sopravvento sul divino.
Egli è giunto in terra per chiamare ognuno alla Verità e per indicare la strada per raggiungerla e salvarsi. I Re Magi, che appartenevano alla casta sacerdotale ereditaria della religione zoroastriana, hanno creduto nei segni celesti, «i cieli narrano la gloria di Dio» (Sal. 19, 2), li hanno saputi decifrare e con immensa gioia si sono genuflessi a Cristo Re.
Egli sarà non solo un «Dio con noi», ma anche un re perseguitato, un «servo sofferente». Il posto della stella è stato preso dal Vangelo, che invita ancora alla conversione di tutte le genti a Cristo, l’Unto di Dio.
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