Sono 175 i Paesi che hanno ratificato il documento.
L’importanza dell’accordo è data sostanzialmente dal fatto che è stato sottoscritto da tutti i paesi partecipanti: anche da quelli emergenti, che spesso sfruttano pesantemente fonti di energia non rinnovabile. Cina, India e molti altri paesi in via di industrializzazione si opponevano da anni a un accordo che imponesse regole troppo severe da rispettare perché in genere le loro industrie sono particolarmente inquinanti e limitare le emissioni potrebbe causare un rallentamento della crescita economica. Per motivi opposti, anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto che l’accordo non è “perfetto”, ma che è comunque “ambizioso”. Gli Stati Uniti, come l’Europa, hanno da tempo introdotto tecnologie che hanno permesso loro di ridurre le emissioni e durante la conferenza si battevano per l’introduzione di norme severe contro le emissioni. L’accordo contiene sostanzialmente quattro impegni per gli stati che lo hanno sottoscritto.
• Mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2 gradi, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi.
• Smettere di incrementare le emissioni di gas serra il prima possibile e raggiungere nella seconda parte del secolo il momento in cui la produzione di nuovi gas serra sarà sufficientemente bassa da essere assorbita naturalmente.
• Controllare i progressi compiuti ogni cinque anni, tramite nuove Conferenze.
• Versare 100 miliardi di dollari ogni anno ai paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.
Alcune di queste disposizioni sono legalmente vincolanti, mentre alle altre i vari paesi aderiscono solo in maniera volontaria. Ad esempio, tutti i paesi saranno obbligati dal trattato a fornire l’obbiettivo di riduzione delle emissioni a cui mirano e a partecipare al processo di revisione quinquennale. La maggiore critica che viene avanzata al documento è però il fatto che non sono previste sanzioni in caso in cui gli obbiettivi non vengano raggiunti, e che sostanzialmente diversi paesi avranno margine per ignorare le raccomandazioni contenute nel documento. Per quanto riguarda l’Italia, si comincerà presto a lavorare ai progetti previsti dagli accordi bilaterali stipulati durante questi giorni e prima della Cop21 “con quei paesi che stanno subendo in maniera maggiore gli impatti del cambiamento climatico, quindi fondamentalmente le isole del Pacifico, ma anche con i paesi dei Caraibi e Maldive”, come spiega La Camera. “Abbiamo anche accordi con il Botswana, Lesotho, Egitto e ne firmeremo presto uno con Panama che riguarderà attività legate alla foresta pluviale”.
L’Italia sta anche trasferendo fondi alla Banca Mondiale per progetti in Africa per la produzione di energia elettrica off-grid che coinvolgono villaggi non raggiunti dalla rete principale. “Dovremmo investire in Africa, da qui al 2020, 600 milioni di euro che possono produrre un leverage molto alto”, ha raccontato il direttore Generale. “Per quanto riguarda gli accordi bilaterali invece si tratta cifre molto modeste che però servono a creare una migliore capacity building”.
fonte:www.ilpost.it