La carne che gli italiani portano in tavola è sicura? Come vengono trattati davvero i polli negli allevamenti a terra? Di recente il Ministero della Salute ha pubblicato un rapporto preoccupante sulla resistenza agli antibiotici dei batteri negli allevamenti. Il rapporto del Ministero della Salute rivela la presenza di livelli molto alti e preoccupanti di antibiotico-resistenza nelle carni di pollo. Per questo motivo e per rispondere alla propaganda dell’industria avicola sul ‘pollo sano e Made in Italy’, CIWF ha deciso di lanciare un’infografica per spiegare la realtà che si nasconde dietro gli allevamenti intensivi di polli. In particolare CIWF si chiede se ci sia da andare fieri del Made in Italy nel settore avicolo e cosa voglia dire davvero che i polli vengono allevati a terra. Come sono e come vivono i polli che finiscono nei piatti degli italiani che mangiano carne? Secondo CIWF l’industria cerca di rassicurare i consumatori con informazioni fuorvianti, vantandosi della denominazione Made In Italy. Purtroppo però pare che negli allevamenti italiani di polli non sia tutto rose e fiori. Dall’infografica di CIWF capiamo che i polli vengono allevati in condizioni davvero estreme, dove del benessere animale non c’è nemmeno l’ombra. Dal rapporto del Ministero della Salute e dall’esame di 709 campioni di pollo è infatti emerso che: 1) Il 12,69% dei campioni è risultato positivo alla presenza di Salmonella spp., una delle cause più frequenti di tossinfezioni alimentari nel mondo industrializzato e in Italia. 2) Il 72,92% dei campioni si è rivelato positivo alla presenza di Campylobacter spp., la prima causa di zoonosi trasmesse dagli animali all’uomo in Europa il cui numero di casi è probabilmente sottonotificato in Italia. 3) Il 95,40% dei campioni è risultato positivo alla presenza di Escherichia coli (un microrganismo commensale che vive in simbiosi nell’intestino, ma che in particolari condizioni può divenire un patogeno opportunista) e ad alte contaminazioni (81,33%) da E. coli produttori di ESBL/AmpC, batteri che, secondo la relazione ministeriale, “destano preoccupazione per la salute pubblica, sia per la loro capacità di trasmettere i determinanti di resistenza ai principali agenti zoonosici (Salmonella) che per le loro potenzialità di agenti patogeni opportunisti nell’uomo”. A destare preoccupazione sono anche gli alti livelli di resistenza, anche multipla, agli antibiotici, compresi quelli di importanza critica per l’uomo. L’antibiotico-resistenza dei batteri negli ultimi anni sta preoccupando tutto il mondo e ormai è chiaro che una parte del problema deriva proprio dall’abuso di antibiotici negli allevamenti intensivi oltre che per la cura dei pazienti. Nello specifico, ad esempio, il 90,04% degli isolati di Campylobacter jejuni ha mostrato resistenza ai fluorochinolonici e il 5,36% ha mostrato resistenza multipla. Secondo la Federazione Nazionale Ordine Veterinari Italiani (FNOVI) “i risultati rappresentano una situazione alquanto allarmante soprattutto per alcuni antimicrobici quali tetracicline, sulfamidici, amminopenicilline e chinolonici”. CIWF evidenzia che in Italia ogni anno vengono allevati circa 500 milioni di polli “da carne”, la stragrande maggioranza dei quali in allevamenti intensivi, del tutto simili a quelli degli altri paesi europei. Stipati in capannoni a decine di migliaia con cicli di vita brevissimi (39-42 giorni), selezionati per crescere in maniera abnorme e sviluppando per questo diverse gravi patologie, tenuti in vita grazie ad un massiccio uso di antibiotici, questi animali sono venduti a prezzi sempre più bassi e sono ormai considerati soltanto una merce. . Per chi consuma carne, il fatto che un pollo sia ‘Made In Italy’ non è più una garanzia di qualità quando proviene da un allevamento intensivo. Dal punto di vista del maltrattamento degli animali la situazione resta molto grave, con polli che continuano a vivere stipati in pochi metri quadrati senza la possibilità di razzolare all’aperto in ampi spazi, come vorrebbe la natura, il tutto celato dietro l’alibi dell’allevamento a terra. Dal Parlamento Europeo arriva una notizia incoraggiante per quanto riguarda la limitazione dell’abuso di antibiotici negli allevamenti. Data la gravità della situazione, l’Europarlamento ha infatti stabilito che è necessario limitare l’uso dei farmaci antimicrobici esistenti e sviluppare nuovi medicinali. La proposta mira ad aggiornare la normativa europea in materia di medicinali a uso veterinario e il Parlamento chiede di vietare il trattamento antibiotico collettivo e preventivo degli animali e di prendere misure atte a stimolare la ricerca di farmaci di nuova generazione.
fonte:www.greenme.it