Giovedì 28 gennaio 2021 III SETTIMANA DEL T. O. – SAN TOMMASO D’AQUINO, PRESBITERO E DOTTORE DELLA CHIESA – PRIMA LETTURA Eb 10,19-25; – Salmo 23 (24) – VANGELO Mc 4,21-25 –
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».
Gesù infatti, dopo aver detto agli apostoli e ad alcuni discepoli di aver loro affidato il mistero del regno di Dio, soggiunge che tale mistero non è stato comunicato ad essi perché lo tenessero nascosto, ma, al momento opportuno, lo manifestassero agli altri (parabola della lampada) e lo diffondessero largamente dopo averlo penetrato con tutto l’impegno della loro intelligenza (parabola della misura).
Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l’eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all’espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza. Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell’opera di evangelizzazione. Ma tutti sappiano che il primo e principale loro dovere in ordine alla diffusione della fede è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, il loro amore verso il prossimo ad immettere come un soffio nuovo di spiritualità in tutta quanta la Chiesa, che apparirà allora come «un segno levato sulle nazioni», come «la luce del mondo» (Mt 5,14) e «il sale della terra» (Mt 5,133). Una tale testimonianza di vita raggiungerà più facilmente il suo effetto se verrà data insieme con gli altri gruppi cristiani, secondo le norme contenute nel decreto relativo all’ecumenismo.
…“conservate le vostre lampade accese” (cfr. Lc 12,35): la lampada della fede, la lampada della preghiera, la lampada della speranza e dell’amore! Questo camminare nella notte, portando la luce, parla con forza al nostro intimo, tocca il nostro cuore e dice molto di più che ogni altra parola pronunciata o intesa. Questo gesto riassume da solo la nostra condizione di cristiani in cammino: abbiamo bisogno di luce e, allo stesso tempo, siamo chiamati a divenire luce. Il peccato ci rende ciechi, ci impedisce di proporci come guide per i nostri fratelli, e ci spinge a diffidare di loro e a non lasciarci guidare.
Tutti i cristiani sono testimoni della Luce e missionari della Luce di cui ogni cristiano è investito… … come la luce illumina, rischiara e dà calore, così il cristiano, illuminato da Cristo, rischiara le cose che sono in ombra, e dà calore a chi è immerso nella morsa gelida del peccato.
fonte – sintesi da: http://radici3.blogspot.com/2021/01/
Tommaso d’Aquino nacque a Roccasecca, nel feudo dei conti d’Aquino (Frosinone), nel 1225. Figlio di Landolfo, nobile di origine longobarda, e Teodora, il piccolo Tommaso, a soli cinque anni, fu inviato come oblato nella vicina Abbazia di Monte Cassino per ricevere l’educazione religiosa.
Memoria di san Tommaso d’Aquino, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e dottore della Chiesa, che, dotato di grandissimi doni d’intelletto, trasmise agli altri con discorsi e scritti la sua straordinaria sapienza. Invitato dal beato papa Gregorio X a partecipare al secondo Concilio Ecumenico di Lione.
A quattordici anni Tommaso si trasferì a Napoli, dove si dedicò allo studio delle arti all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, presso il convento di San Domenico Maggiore. È così che, pur fortemente ostacolato dalla famiglia, fece richiesta nel 1244 di essere ammesso all’Ordine domenicano, cosa che avvenne a fine aprile dello stesso anno.
I suoi superiori, avendone intuito il precoce talento, e per consentirgli il completamento degli studi, lo inviarono a Parigi, ma il giovane, prima che potesse giungervi, fu catturato dai suoi familiari e ricondotto al castello paterno di Monte San Giovanni Campano.
Il periodo di prigionia, che durò un anno, fu caratterizzato dalle pressioni della famiglia che voleva fargli rinunciare all’abito domenicano, e si concluse, per intercessione di Papa Innocenzo IV, con la liberazione (o, secondo alcuni biografi, con la fuga) di Tommaso. Dopo brevi soggiorni, prima a Napoli e poi a Roma, nel 1248 Tommaso giunse a Colonia in Germania per seguire le lezioni di Sant’Alberto Magno, filosofo e teologo tedesco, la cui dottrina cercò di conciliare l’Aristotelismo con il Cristianesimo.
A Colonia, nel 1250 o nell’anno successivo, diventa sacerdote. Dal 1252 invece Tommaso insegnò all’Università di Parigi, iniziando come baccalarius biblicus, e dopo quattro anni poté tenere la sua prima lezione in cattedra. Nel 1259 Tommaso tornò in Italia: strinse amicizia con Guglielmo di Moerbeke, il grande traduttore di Aristotele dai testi originali greci, e collaborò ad alcuni scritti con papa Urbano IV, presso il convento di Orvieto, dove il pontefice si era temporaneamente stabilito. Su incarico di Urbano IV, compose l’ufficio e gli inni per la festa del Corpus Domini appena istituita (8 settembre 1264).
Successivamente si recò a Roma, per organizzare i corsi dello Studio di Santa Sabina e, nel 1267, papa Clemente IV lo chiamò con sé a Viterbo, dove predicò spesso dal pulpito della chiesa di Santa Maria Nuova.
Proprio durante gli anni trascorsi in Italia compose numerose opere come la “Summa contra gentiles”, il “De regimine principum, il “De unitate intellectus contra Averroistas” e buona parte del suo capolavoro, la Summa Theologiae.
Nel gennaio del 1274 papa Gregorio X gli ordinò di presenziare al Concilio di Lione II, per verificare in cosa consistessero le divergenze tra la Chiesa latina e quella greca, e se fosse possibile appianarle; Tommaso, anche se non in buone condizioni di salute, si mise in viaggio.
Durante il tragitto si fermò presso il castello di Maenza, da sua nipote Francesca maritata con il conte Annibaldo de Ceccano, signore di Maenza, ma la sua malattia si aggravò.
Dal momento che desiderava finire i suoi giorni in un monastero, e non essendo in condizione di raggiungere un convento domenicano, fu portato all’Abbazia cistercense di Fossanova, a poca distanza dal borgo di Priverno, dove, al termine di una malattia durata qualche settimana, morì il 7 marzo 1274.
La sua tomba si trova presso il convento des Jacobins a Tolosa, in Francia.
Mettiamoci … anche noi alla scuola di san Tommaso e del suo capolavoro, la Summa Theologiae. Essa è rimasta incompiuta, e tuttavia è un’opera monumentale: contiene 512 questioni e 2669 articoli. Si tratta di un ragionamento serrato, in cui l’applicazione dell’intelligenza umana ai misteri della fede procede con chiarezza e profondità, intrecciando domande e risposte, nelle quali san Tommaso approfondisce l’insegnamento che viene dalla Sacra Scrittura e dai Padri della Chiesa, soprattutto da sant’Agostino.
Nella Summa di Teologia, san Tommaso parte dal fatto che ci sono tre diversi modi dell’essere e dell’essenza di Dio: Dio esiste in se stesso, è il principio e la fine di tutte le cose, per cui tutte le creature procedono e dipendono da Lui; poi Dio è presente attraverso la sua Grazia nella vita e nell’attività del cristiano, dei santi; infine, Dio è presente in modo del tutto speciale nella Persona di Cristo unito qui realmente con l’uomo Gesù, e operante nei Sacramenti, che scaturiscono dalla sua opera redentrice.
… lo scopo principale della sacra dottrina è quello di far conoscere Dio, e non soltanto in se stesso, ma anche in quanto è principio e fine delle cose, e specialmente della creatura ragionevole. Nell’intento di esporre questa dottrina, noi tratteremo per primo di Dio; per secondo del movimento della creatura verso Dio; e per terzo del Cristo, il quale, in quanto uomo, è per noi via per ascendere a Dio.
<Dio in se stesso, che esce da se stesso e ci prende per mano, così che con Cristo ritorniamo a Dio, siamo uniti a Dio, e Dio sarà tutto in tutti>.
La prima parte della Summa Theologiae indaga dunque su Dio in se stesso, sul mistero della Trinità e sull’attività creatrice di Dio. In questa parte troviamo anche una profonda riflessione sulla realtà autentica dell’essere umano in quanto uscito dalle mani creatrici di Dio, frutto del suo amore. Da una parte siamo un essere creato, dipendente, non veniamo da noi stessi; ma, dall’altra, abbiamo una vera autonomia, così che siamo non solo qualcosa di apparente – come dicono alcuni filosofi platonici – ma una realtà voluta da Dio come tale, e con valore in se stessa.
Nella seconda parte san Tommaso considera l’uomo, spinto dalla Grazia, nella sua aspirazione a conoscere e ad amare Dio per essere felice nel tempo e nell’eternità. Per prima cosa, l’Autore presenta i principi teologici dell’agire morale, studiando come, nella libera scelta dell’uomo di compiere atti buoni, si integrano la ragione, la volontà e le passioni, a cui si aggiunge la forza che dona la Grazia di Dio attraverso le virtù e i doni dello Spirito Santo, come pure l’aiuto che viene offerto anche dalla legge morale. Quindi l’essere umano è un essere dinamico che cerca se stesso, cerca di divenire se stesso e cerca, in questo senso, di compiere atti che lo costruiscono, lo fanno veramente uomo; e qui entra la legge morale, entra la Grazia e la propria ragione, la volontà e le passioni. Su questo fondamento san Tommaso delinea la fisionomia dell’uomo che vive secondo lo Spirito e che diventa, così, un’icona di Dio. Qui l’Aquinate si sofferma a studiare le tre virtù teologali – fede, speranza e carità -, seguite dall’esame acuto di più di cinquanta virtù morali, organizzate attorno alle quattro virtù cardinali – la prudenza, la giustizia, la temperanza e la fortezza. Termina poi con la riflessione sulle diverse vocazioni nella Chiesa.
Nella terza parte della Summa, san Tommaso studia il Mistero di Cristo – la via e la verità – per mezzo del quale noi possiamo ricongiungerci a Dio Padre. In questa sezione scrive pagine pressoché insuperate sul Mistero dell’Incarnazione e della Passione di Gesù, aggiungendo poi un’ampia trattazione sui sette Sacramenti, perché in essi il Verbo divino incarnato estende i benefici dell’Incarnazione per la nostra salvezza, per il nostro cammino di fede verso Dio e la vita eterna, rimane materialmente quasi presente con le realtà della creazione, ci tocca così nell’intimo.
Parlando dei Sacramenti, san Tommaso si sofferma in modo particolare sul Mistero dell’Eucaristia, per il quale ebbe una grandissima devozione, al punto che, secondo gli antichi biografi, era solito accostare il suo capo al Tabernacolo, come per sentire palpitare il Cuore divino e umano di Gesù.
In una sua opera di commento alla Scrittura, san Tommaso ci aiuta a capire l’eccellenza del Sacramento dell’Eucaristia, quando scrive:“Essendo l’Eucaristia il sacramento della Passione di nostro Signore, contiene in sé Gesù Cristo che patì per noi. Pertanto tutto ciò che è effetto della Passione di nostro Signore, è anche effetto di questo sacramento, non essendo esso altro che l’applicazione in noi della Passione del Signore” (In Ioannem, c.6, lect. 6, n. 963). Comprendiamo bene perché san Tommaso e altri santi abbiano celebrato la Santa Messa versando lacrime di compassione per il Signore, che si offre in sacrificio per noi, lacrime di gioia e di gratitudine.(vedendo qualche filmato della celebrazione Eucaristica di Padre Pio, si notano le sue lacrime).
… nella catechesi e nella predicazione, in un tempo come il nostro di rinnovato impegno per l’evangelizzazione, non dovrebbero mai mancare questi argomenti fondamentali: ciò che noi crediamo, ed ecco il Simbolo della fede; ciò che noi preghiamo, ed ecco il Padre Nostro e l’Ave Maria; e ciò che noi viviamo come ci insegna la Rivelazione biblica, ed ecco la legge dell’amore di Dio e del prossimo e i Dieci Comandamenti, come esplicazione di questo mandato dell’amore.
San Tommaso nel suo Opuscolo sul Simbolo degli Apostoli egli spiega il valore della fede. Per mezzo di essa, dice, l’anima si unisce a Dio, e si produce come un germoglio di vita eterna; la vita riceve un orientamento sicuro, e noi superiamo agevolmente le tentazioni. A chi obietta che la fede è una stoltezza, perché fa credere in qualcosa che non cade sotto l’esperienza dei sensi, san Tommaso offre una risposta molto articolata, e ricorda che questo è un dubbio inconsistente, perché l’intelligenza umana è limitata e non può conoscere tutto. Solo nel caso in cui noi potessimo conoscere perfettamente tutte le cose visibili e invisibili, allora sarebbe un’autentica stoltezza accettare delle verità per pura fede. Del resto, è impossibile vivere, osserva san Tommaso, senza fidarsi dell’esperienza altrui, là dove la personale conoscenza non arriva. È ragionevole dunque prestare fede a Dio che si rivela e alla testimonianza degli Apostoli: essi erano pochi, semplici e poveri, affranti a motivo della Crocifissione del loro Maestro; eppure molte persone sapienti, nobili e ricche si sono convertite in poco tempo all’ascolto della loro predicazione. Si tratta, in effetti, di un fenomeno storicamente prodigioso, a cui difficilmente si può dare altra ragionevole risposta, se non quella dell’incontro degli Apostoli con il Signore Risorto.
Presentando la preghiera del Padre Nostro, san Tommaso mostra che essa è in sé perfetta, avendo tutte e cinque le caratteristiche che un’orazione ben fatta dovrebbe possedere: fiducioso e tranquillo abbandono; convenienza del suo contenuto, perché – osserva san Tommaso – “è assai difficile saper esattamente cosa sia opportuno chiedere e cosa no, dal momento che siamo in difficoltà di fronte alla selezione dei desideri” (Ibid., p. 120); e poi ordine appropriato delle richieste, fervore di carità e sincerità dell’umiltà.
San Tommaso è stato, come tutti i santi, un grande devoto della Madonna. L’ha definita con un appellativo stupendo: Triclinium totius Trinitatis, triclinio, cioè luogo dove la Trinità trova il suo riposo, perché, a motivo dell’Incarnazione, in nessuna creatura, come in Lei, le tre divine Persone inabitano e provano delizia e gioia a vivere nella sua anima piena di Grazia. Per la sua intercessione possiamo ottenere ogni aiuto.
Con una preghiera, che tradizionalmente viene attribuita a san Tommaso e che, in ogni caso, riflette gli elementi della sua profonda devozione mariana, anche noi diciamo: “O beatissima e dolcissima Vergine Maria, Madre di Dio…, io affido al tuo cuore misericordioso tutta la mia vita… Ottienimi, o mia dolcissima Signora, carità vera, con la quale possa amare con tutto il cuore il tuo santissimo Figlio e te, dopo di lui, sopra tutte le cose, e il prossimo in Dio e per Dio”.
fonte – sintesi da: http://radici3.blogspot.com/2021/01/