SABATO I SETTIMANA T. O.– SANTI BERARDO E COMPAGNI PROTOMARTIRI DELL’ORDINE SERAFICO – PRIMA LETTURA Eb 4,12-16 – Salmo 18 – VANGELO Mc 2,13-17 –
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: Gesù accoglie nel gruppo dei suoi intimi un uomo che, secondo le concezioni in voga nell’Israele del tempo, era considerato un pubblico peccatore. Matteo, infatti, non solo maneggiava denaro ritenuto impuro a motivo della sua provenienza da gente estranea al popolo di Dio, ma collaborava anche con un’autorità straniera odiosamente avida, i cui tributi potevano essere determinati anche in modo arbitrario.
Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia. Anzi, proprio mentre si trova a tavola in casa di Matteo-Levi, in risposta a chi esprimeva scandalo per il fatto che egli frequentava compagnie poco raccomandabili, pronuncia l’importante dichiarazione: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati: non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori” (Mc 2,17).
… anche oggi non è ammissibile l’attaccamento a cose incompatibili con la sequela di Gesù, come è il caso delle ricchezze disoneste. Una volta Egli ebbe a dire senza mezzi termini: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel regno dei cieli; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). E’ proprio ciò che fece Matteo: si alzò e lo seguì! In questo ‘alzarsi’ è legittimo leggere il distacco da una situazione di peccato ed insieme l’adesione consapevole a un’esistenza nuova, retta, nella comunione con Gesù.
Matteo capì di essere un peccatore e si fece agguantare dalla grazia, ma oggi, in un mondo dove tutto, o quasi tutto, è lecito, quanti hanno la consapevolezza di essere peccatori?
Rino Cammilleri, «uno degli scrittori più apprezzati per le sue doti di ironico e irriverente polemista», nel suo libro Nuovi consigli del diavolo custode a proposito dell’Anticristo e dell’apostasia propone, facendo parlare un immaginario diavolo custode, avanza un’accattivante ipotesi.
«Paolo nella sua seconda lettera ai Tessalonicesi parla del futuro, dell’“apostasia” che dovrà venire e dell’“uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, colui che si oppone e si innalza su tutto ciò che è chiamato Dio o che è oggetto di culto”. Tutti hanno sempre pensato che si riferisse all’Anticristo, e quest’ultimo è stato sempre immaginato come un essere titanico. E se invece si trattasse non di uno ma di molti? E se questi fossero non titani ma figure scialbe e perfino ridicole nel loro attivismo petulante? Se non fossero che dei fastidiosi insetti, cocciuti come mosche e insistenti come zanzare che, dài e dài, riescono a sfinirti, a farti chiudere in casa, a cedere loro per amore di una tranquillità che, dài e dài, si riduce sempre più? Se ci foste già in mezzo, all’“apostasia”?». E più avanti, argutamente, fa balenare l’idea che questo processo di secolarizzazione, nel tempo in cui viviamo, «ha ormai superato la fase esclusivamente religiosa e scava ben più a fondo … l’autorità, l’esercito, la morale, la famiglia … Perfino la differenza tra maschi e femmine» (pp.151-155).
Questa ultima affermazione è solo cronaca scontata. Il cancro che ha scavato «ben più a fondo» è sotto i nostri occhi: aborto, divorzio, eutanasia, droga, unioni gay e lesbiche, pornografia e pedofilia che impazzano su televisione, cinema, cellulari e internet, prostituzione dilagante … cancro che ha corrotto la famiglia, la scuola, i giovani … Cronaca che da sempre come gas nervino aggredisce e paralizza l’uomo, e che forse oggi è più asfissiante a causa della perdita del senso del peccato così come ebbe a dire Pio XII: «Il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato» (Discorsi Radio Messaggi, VIII – 1946 ).
Quella della perdita del senso del peccato, è una denuncia rinnovata da Paolo VI e da Giovanni Paolo II. Non tanto tempo fa lo ha fatto anche Benedetto XVI con queste parole: «Sebbene le manifestazioni del peccato abbondino, avidità e corruzione, rapporti rovinati dal tradimento e sfruttamento di persone, il riconoscimento della peccaminosità individuale viene meno. Oltre a questo affievolirsi del riconoscimento del peccato, con il corrispondente indebolirsi del bisogno di ricercare il perdono, si verifica, in definitiva, un affievolirsi del nostro rapporto con Dio … Non sorprende che questo fenomeno sia particolarmente pronunciato in società caratterizzate da una ideologia secolarista postilluminista.
Laddove Dio viene escluso dalla sfera pubblica, il senso di offesa a Dio – l’autentico senso del peccato – svanisce e proprio quando il valore assoluto delle norme morali viene relativizzato, le categorie di bene o di male svaniscono insieme alla responsabilità individuale. Tuttavia, la necessità umana di riconoscere ed affrontare il peccato non viene mai meno, indipendentemente da quanto un individuo possa, come il fratello maggiore, razionalizzare il contrario. Come ci dice san Giovanni “se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi” (1Gv 1,8). Ciò è parte integrante della verità sulla persona umana. Quando la necessità di cercare il perdono e la disponibilità a perdonare vengono dimenticate, al loro posto sorge una inquietante cultura del biasimo e della litigiosità».
Ed ecco, proprio in lui, in Cristo, viene fatta giustizia del peccato a prezzo del suo sacrificio, della sua obbedienza «fino alla morte». Colui che era senza peccato, «Dio lo trattò da peccato in nostro favore».
fonte: http://radici3.blogspot.com/2021/01/
Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto e Ottone furono i primi missionari inviati da san Francesco nelle terre dei Saraceni. Giunti nella Spagna, sprezzanti del pericolo, cominciarono a predicare la fede di Cristo nelle Moschee. Condotti dinanzi al Sultano e imprigionati, e poi trasferiti nel Marocco con l’ordine di non predicare più il nome di Cristo, continuarono con estremo coraggio ad annunciare il Vangelo. Per questo furono crudelmente torturati e, infine, decapitati il 16 gennaio 1220.
All’annuncio del glorioso martirio, san Francesco esclamò: «Ora posso dire con sicurezza di avere cinque Frati Minori». La vista delle loro salme trasportate a Coimbra, conquistò all’Ordine Minoritico sant’Antonio, che era ancora canonico Agostiniano. Furono canonizzati dal Papa francescano Sisto IV nel 1481.