7 Gennaio – San Raimondo di Peñafort, sacerdote – PRIMA LETTURA 1Gv 3,22-4,6 – Dal Salmo 2 – VANGELO Mt 4,12-17.23-25
Riflessione quotidiana per camminare in Cristo: Tante volte risulta impossibile cambiare vita, abbandonare la strada dell’egoismo, del male, abbandonare la strada del peccato perché si incentra l’impegno di conversione solo su sé stessi e sulle proprie forze, e non su Cristo e il suo Spirito.
Siamo chiamati, pertanto, a fidarci della parola di Cristo, ad aprirci alla misericordia del Padre e lasciarci trasformare dalla grazia dello Spirito Santo.
È da qui che comincia il vero percorso di conversione. Proprio come è capitato ai primi discepoli: l’incontro con il Maestro divino, col suo sguardo, con la sua parola ha dato loro la spinta a seguirlo, a cambiare vita mettendosi concretamente al servizio del Regno di Dio.
Dio ha iniziato a camminare sulle strade degli uomini: ora, ad essi, tocca stare attenti al rumore dei passi del Dio che viene!
La regalità di Dio sul popolo eletto, e per suo mezzo sul mondo, è al centro della predicazione di Gesù, essa comporta un regno di «santi» di cui Dio sarà veramente il re, perché sarà riconosciuto da essi mediante la conoscenza e l’amore. Compromessa dalla rivolta del peccato tale regalità deve essere ristabilita attraverso un intervento di Dio e del suo Messia. Una regola costante di Dio: è <quella di scegliere ciò che nel mondo è piccolo e disprezzato per realizzare con esso le meraviglie della sua salvezza>.
San Giovanni suggerisce alcune piste da percorrere perché si possa dire di camminare nella luce. La prima condizione è rompere con il peccato (1Gv 1,8-10). La seconda condizione è osservare i comandamenti, soprattutto quello della carità (1Gv 2,3-11). La terza condizione è guardarsi dal mondo (1Gv 2,12-17). La quarta condizione è guardarsi dagli anticristi (1Gv 2,18-29).
Bisogna essere cristiani autentici, perché non basta affatto «confessare la propria fede se essa non è confermata dalle buone opere».
Nella nostra vita, spesso vediamo solo tenebre, dolori… la Parola di Dio, luce che illumina ogni uomo, invece ci induce alla speranza.
fonte: http://radici3.blogspot.com/2021/01/
E’ il terzo generale dei Domenicani, dopo Domenico di Guzman e Giordano di Sassonia. Ma le cariche – quando le accetta – addosso a lui durano sempre poco, e quasi sembrano interruzioni forzate e temporanee di un modello di vita al quale tornerà sempre, nella sua lunga esistenza: preghiera, studio e nient’altro.
Figlio di signori catalani, ha cominciato gli studi a Barcellona e li ha terminati a Bologna, dov’è stato anche insegnante. Qui ha conosciuto il patrizio genovese Sinibaldo Fieschi, poi papa Innocenzo IV e aspro nemico dell’imperatore Federico II; e il capuano Pier delle Vigne, che di Federico sarà l’uomo di fiducia e poi la vittima (innocente, secondo Dante). Torna a Barcellona, dov’è nominato canonico della cattedrale. Ma nel 1222 si apre in città un convento dell’Ordine dei Predicatori, fondato pochi anni prima da san Domenico. E lui lascia il canonicato per farsi domenicano.
Nel 1223 aiuta il futuro santo Pietro Nolasco, originario della Linguadoca in Francia, a fondare l’Ordine dei Mercedari per il riscatto degli schiavi, e qualche anno dopo accompagna il cardinale Giovanni d’Abbeville a Roma. Qui Gregorio IX nota la profondità della sua dottrina giuridica e gli affida un gravoso compito: raccogliere e ordinare tutte le decretali, ossia gli atti emanati via via dai pontefici in materia dogmatica e disciplinare, rispondendo a quesiti o intervenendo su situazioni specifiche: una massa enorme di testi più e meno importanti, un coacervo plurisecolare di decisioni, da perderci la testa. Raimondo riesce a dare un ordine e una completezza mai raggiunti prima, e quindi una pronta utilità.
A lavoro finito, nel 1234, il Papa gli offre in ricompensa l’arcivescovado di Tarragona. Ma lui non accetta: è frate domenicano e frate rimane. Nel 1238, però, sono appunto i suoi confratelli a volerlo generale dell’Ordine, e deve dire di sì. Dice di sì a un periodo faticosissimo di viaggi, sempre a piedi, attraverso l’Europa, da un convento all’altro, da un problema all’altro. Un’attività che lo sfianca, costringendolo infine a lasciare l’incarico.
Torna, ormai settantenne, alla sua vera vita: preghiera, studio, formazione dei nuovi predicatori nell’Ordine, che si va espandendo in Europa. Un Ordine per sua natura missionario e che perciò, pensa Raimondo, si deve dotare di tutti gli strumenti culturali indispensabili per avvicinare, interessare, convincere. Occorrono testi idonei alla discussione con persone colte di altre fedi; e lui lavora per parte sua a prepararli, spingendo inoltre il confratello Tommaso d’Aquino a scrivere per questo scopo la famosa Summa contra Gentiles. Inoltre, bisogna conoscere da vicino la cultura di coloro ai quali si vuole annunciare Cristo e Raimondo istituisce una scuola di ebraico a Murcia, in Spagna, e una di arabo a Tunisi. Sembra che tante fatiche e iniziative gli allunghino la vita. Frate Raimondo muore infatti a Barcellona ormai centenario. Sarà canonizzato nel 1601 da Clemente VIII.
fonte: http://www.santiebeati.it – Autore: Domenico Agasso