Mercoledì, Feria di Avvento – San Giovanni da Kety – PRIMA LETTURA Ml 3,1-4.23-24 – Dal Salmo 24 (25) – VANGELO Lc 1,57-66
Riflessione quotidiana al Vangelo per camminare in Cristo: «I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei». Vogliamo continuare a prepararci alle feste natalizie ormai imminenti, e anche oggi la Liturgia della Parola ci offre uno spunto per delineare i fondamenti della gioia cristiana. La gioia risiede irremovibile nei cuori di chi è capace di rallegrarsi del prossimo. Chi gioisce per le grazie degli altri non può essere intaccato dall’egoismo, dall’arrivismo, dall’orgoglio, dalla vendetta, dalla invidia e da tutti quei peccati che portano con sé tristezza, melanconia, dispiaceri e discordie. Come dovremmo imparare ad impiegare il nostro tempo nel rimanere a contemplare le meraviglie compiute da Dio nel nostro prossimo! Quanto dovremmo lodare e ringraziare Dio per le grazie elargite agli altri! Quanto dovremmo desiderare benedizioni e salvezza per ciascuno dei nostri fratelli! Contempliamo questa meravigliosa scena evangelica: vicini e parenti, insieme, stretti intorno ad Elisabetta, con lo stupore nel volto, con lo sguardo rivolto al bambinello Giovanni, con il cuore colmo di gioia, con le labbra impegnate nella lode. Quale lezione di semplicità, di comunione, di affetto sincero e di vera fede. La gioia non costa nulla e riempie oltre ogni desiderio, dona pace, diffonde benedizione.
Pane di oggi: Donami, Signore, un cuore semplice; capace di gioire per le piccole cose, come delle grandi. Capace di meravigliarsi nel contemplare le tue grandi opere compiute nel nostro prossimo. Pronto a lodarti nel cogliere la tua Provvidenza in ogni nostro fratello. Donami un cuore sapiente, libero da ogni compromesso con l’egoismo, con l’orgoglio e ogni forma di peccato che porta alla tristezza. Che la mia vita sia una lode a te.
Azione: Mi rallegrerò nel cogliere le meraviglie di Dio intorno a me.
fonte: http://www.madredellaparola.it/?page_id=1
«All’Ateneo da me tanto amato auguro la benedizione della Santissima Trinità e la perpetua protezione di Maria, Sede della Sapienza, come anche il patrocinio fedele di san Giovanni da Kety, suo professore più di 500 anni fa». Così Giovanni Paolo II, in visita a Cracovia il 9 giugno 1979, ha ricordato il “professore santo” di quell’università. Giovanni da Kety (una cittadina polacca a sud-ovest di Cracovia), detto anche Giovanni Canzio, intraprende gli studi con risultati subito brillanti. E a 27 anni è docente di filosofia. Poi intraprende anche studi di teologia, e a 34 anni viene ordinato sacerdote, ma continua a insegnare per alcuni anni, perché questa è la sua passione. Più tardi viene inserito nel clero della collegiata di San Floriano in Cracovia: una chiesa che è stata costruita nel XII secolo in un paese ancora di campagna, poi raggiunto e assorbito dallo sviluppo della città, divenuta capitale della Polonia. Compie una breve esperienza parrocchiale in provincia e poi torna a stabilirsi nuovamente in Cracovia, risalendo sull’amata cattedra universitaria.
In qualità di precettore dei prìncipi della casa reale polacca, talvolta non poteva esimersi dal partecipare a qualche festa. mondana. Un giorno si presentò a un banchetto in abiti dimessi e venne messo alla porta da un domestico. Giovanni andò a mutarsi d’abito e tornò alla villa dove si dava il ricevimento. Questa volta poté entrare, ma durante il pranzo un malaccorto inserviente gli rovesciò un bicchiere sul vestito. Giovanni sorrise rassicurante: “E’ giusto che anche il mio abito abbia la sua parte: è grazie a lui che sono potuto entrare qui”.
Ma “stabilirsi” è un’espressione impropria. Infatti il professore Giovanni ama la strada quanto la cattedra, gli affamati di sapere e gli affamati di pane. Ama la strada, poi, come “luogo” tipico dei poveri, sempre alla ricerca di un aiuto. E sul loro percorso amaro, i poveri di Cracovia incontrano spesso Giovanni il Professore; lo vedono entrare nei loro miseri rifugi, portando loro quello che spesso è necessario a lui. Ne sfama tanti, non con le ricchezze che non possiede, ma con la sua paga di insegnante e con i suoi digiuni. E poi la strada, per lui, è quella del pellegrinaggio. Il suo viaggio più lungo è quello in Terrasanta, compiuto a piedi fin dov’era possibile. Poi va pellegrino a Roma. Per quattro volte. E sempre assolutamente a piedi, andata e ritorno.
Umile camminatore e compagno di viandanti e di poveri lungo le antiche “vie” che conducono al Sud, al Paese del sole, Giovanni diventa anche il consigliere e il sostenitore dei suoi concittadini più indifesi e soli. Autorevole maestro quando siede in cattedra, gli si attribuiscono anche commenti alla Bibbia e a san Tommaso.
Ma ciò che spinge la gente di Cracovia a “gridarlo santo” dopo la morte sono le lezioni di amore che teneva lungo le strade e nelle case, tra malnutriti e ammalati. Nel 1600, papa Clemente VIII lo proclama venerabile, e il suo corpo viene più tardi trasferito nella chiesa di Sant’Anna in Cracovia. Nel 1767, papa Clemente XIII lo iscrive tra i santi. Al ricordo di Giovanni è consacrata una cappella nella chiesa di San Floriano, dove a metà del XX secolo iniziava il suo servizio di vicario parrocchiale il giovane sacerdote Karol Wojtyla.
In Polonia viene ricordato il 20 ottobre. È stato proclamato patrono dell’arcidiocesi di Cracovia, degli insegnanti delle scuole cattoliche e della “Caritas”.
fonte: http://www.santiebeati.it